Paralimpiadi: Occasione di riscatto!

Da poco più di un mese si è concluso un evento di livello internazionale che mi ha suscitato molto interesse e curiosità: le Paralimpiadi, svolte a Rio de Janeiro in Brasile.

Ma cosa sono di preciso le Paralimpiadi?

Le Paralimpiadi sono l’equivalente dei Giochi Olimpici tradizionali ma sono riservate agli atleti con disabilità fisiche e sono state pensate come Olimpiadi parallele. Il nome Paralimpiadi deriva dalla fusione del prefisso “para” con la parola Olimpiadi. Il percorso che ha portato all’organizzazione di questi giochi speciali non è stato assolutamente un gioco da ragazzi: si è dovuto aspettare fino al 1960 nelle Olimpiadi che furono organizzate proprio da noi, in Italia a Roma e come per i Giochi Olimpici Invernali sono stati creati i Giochi Paralimpici Invernali, istituiti nel 1974 in Svezia.

Alle Paralimpiadi partecipano ragazzi e ragazze giovanissimi, ragazzi un po’ più maturi, uomini ormai adulti e in fase avanzata: l’età non conta nulla. La differenza fra la maggior parte del mondo e questi atleti è che il mondo spesso riesce a lamentarsi e deprimersi per cose assurde ma dovrebbe soffermarsi un attimo a pensare a cosa prova, per esempio, Alex Zanardi, ex pilota di Formula 1 che nel 2001 perse tutte e due le gambe in un incidente e che adesso riesce a essere un esempio di vita per tutti dopo aver vinto molteplici medaglie d’oro nel ciclismo paralimpico tramite la sua straordinaria forza di volontà.

Io ho seguito sia le Olimpiadi che le Paralimpiadi, ho ovviamente tifato tutti gli italiani coinvolti nelle varie gare, ma nelle Olimpiadi sinceramente dopo una sconfitta si susseguivano polemiche e commenti sui social e invece durante le Paralimpiadi ho notato solo sorrisi, complimenti, gioia negli occhi dell’atleta di turno, che magari è anche arrivato ultimo, ma non aveva importanza:  essere in un palcoscenico del genere quando si poteva essere o in ospedale o in sedia a rotelle è davvero una vittoria incredibile che deve insegnare molto.

Un nuotatore che nuota senza braccia, un ragazzo egiziano che gioca a ping pong senza braccia e tiene la racchetta in bocca, i corridori e i ciclisti senza gambe, i tennisti in carrozzina… c’è da riflettere tanto, lo sport è stato la salvezza di tutte queste persone, una possibilità di riscatto fondamentale, tutti loro si porteranno nel cuore questa emozione fantastica, lo sport è fatica, loro devono lottare per migliorare le loro prestazioni e, mentre fanno ciò, anche lottare contro la disabilità che purtroppo li affligge.

Addirittura c’è chi perde sia gambe che braccia all’età di 11 anni a causa di una meningite fulminante e continua a coltivare la sua passione più grande, la scherma, insegue talmente tanto il sogno delle Paralimpiadi che all’età di 19 anni riesce a qualificarsi, cresce assalto dopo assalto, giunge in finale e dopo aver piazzato la stoccata che le regala l’ oro dà il via a un mix di emozioni: piange, ride, urla, emerge tutta la sua grinta e determinazione,nell’intervista post-gara conquista tutti, lei che è costretta a fare scherma su una carrozzina con protesi ad arti superiori e inferiori, questa ragazza speciale è veneziana e si chiama Beatrice Vio, soprannominata Bebe: ragazzi, dovremmo tutti ammirarla, applaudirla, acclamarla.

Proviamo ogni tanto a vivere la nostra vita solo con un decimo dell’entusiasmo che ci mette Bebe, proviamo tutti a seguire di più questo evento. Ne approfitto per fare i complimenti a tutti coloro che hanno preso parte a questa fantastica festa di sport mettendoci l’anima e gettando il cuore oltre l’ostacolo.

Viva lo sport e viva la vita, a qualunque condizione!