Blade Runner 2049

Trentacinque anni dopo l’uscita del celeberrimo film di fantascienza cult, Blade Runner di Ridley Scott, viene distribuito nelle sale cinematografiche del mondo il suo sequel: Blade Runner 2049, ambientato trent’anni dopo la storia del primo.

Il film possiede un cast stellare, Ryan Gosling, Harrison Ford, Jared Leto, Robin Wright, tutti attori eccellenti che sicuramente hanno alzato il livello del lungometraggio.

Dopo una serie di violente rivolte avvenute nel 2020, i replicanti prodotti dalla Tyrell sono stati messi al bando. Nello stesso anno, un grande black out ha distrutto quasi completamente ogni dato digitale del pianeta, e gravi cambiamenti climatici hanno dato il via a una stagione di carestie,alla quale si è sopravvissuti solo grazie alle colture sintetiche della Wallace, una società con a capo il misterioso Neander Wallace che grazie a quei profitti ha poi ha acquisito anche le tecnologie della Tyrell, sviluppando così una nuova serie di replicanti completamente ubbidienti all’uomo e dalla longevità indefinita.

È in questo stato di ordine apparente dove la nuova storia viene narrata. Il protagonista è nuovamente un blade runner e soprattutto un replicante, questa volta consapevole, e avrà a che fare con un caso unico e top secret, ovvero una riproduzione tra replicanti.

Una storia, che come per quasi ogni sequel, non riesce ad essere all’altezza delle precedente.

Infatti il film, seppur piacevole nell’insieme grazie sia alla storia in sè che grazie ai lavori di fotografia e CGI, risulta avere qualche difetto.

Sicuramente uno di essi è la lunghezza, ma comunque trascurabile. Invece si è fatta sentire una lacuna narrativa, una risposta alla domanda dei più curiosi, ovvero, banalmente, com’è fatto un replicante, che limiti ha oltre a quelli dell’autodistruzione, se invecchia o meno, la sua anatomia e le sue capacità fisiche. La parte più curiosa del pubblico avrebbe sicuramente gradito un approfondimento su tutto ciò, non necessariamente esplicito. Mentre in WestWorld mostrano i loro umani finti intenti a essere “stampati” e addestrati, in Blade Runner 2049 assistiamo a un Jared Leto che svuota una busta di plastica contenente un replicante e gelatina. Non basta.

Nonostante ciò la parte che concerne più l’etica e la psicologia intorno a un replicante viene ulteriormente aumentata. L’evergreen credevo-di-essere-non-umano-e-invece(e viceversa) viene affiancato dalla questione della riproduzione di due replicanti e dalla presa di coscienza di tutta la nuova “specie”, che porterà a una rivoluzione, stanchi dello stato di schiavitù ed emarginazione nel quale sono costretti a vivere.

Il mondo distopico rimane uguale al precedente, con le sue macchine volanti, ambienti tristi e grigi ed enormi palazzi. Viene inserita però una novità, nel film viene messo in evidenza come in ogni istante della vita di tutti gli abitanti di quel luogo vi siano degli advertisement, che li tediano, li infastidiscono, proprio come in Black Mirror, come se queste realtà volessero suggerirci che è questo il futuro a cui andiamo in contro.

Il film è visivamente eccezionale, infatti, oltre alla caratteristica Los Angeles del futuro, vi sono nuove ambientazioni, rossastre e desertiche, interni e strutture molto scenografiche e una CGI abbastanza realistica.

Poco credibile è invece l’antagonista, che viene presentato come il più malvagio dei villain, mentre si rivelerà essere li sono per filosofeggiare a vuoto. Al contrario, la sua segretaria è molto più credibile, essendo più determinata e guidata da uno scopo. Egli non è l’unico personaggio di cui non si sarebbe sentita la mancanza: anche con la fidanzata-ologramma del protagonista, una versione meno intelligente di Samantha in Her, non si ha ben chiaro quale sia il suo ruolo, se umanizzare il nostro replicante protagonista oppure far mostra delle nuove frontiere della computer grafica.

Per quanto riguarda la colonna sonora non c’è alcun paragone con le eccellenti musiche del primo, Blade Runner 2049 è accompagnato non da musica, ma da rumori, che funzionano con un impianto dolby surround ma che sono piatti senza di esso. Nessuna melodia di rilievo, solamente percussioni ansiogene che ricordano i film di Christopher Nolan.

Nonostante ciò rimane un film ottimo e godibile, ma che non riuscirà a raggiungere il suo predecessore