Il suono del silenzio: Dunkirk

Una strada distrutta, un gruppo di soldati, la ricerca disperata di preziose gocce d’acqua e qualcosa da mangiare. Poi un colpo, un secondo, seguiti da una raffica di proiettili: di tutte quelle anime solo una si salva, per fortuna, migliori riflessi o maggiore voglia di sopravvivere.

La spiaggia di Dunkerque, dove gli eserciti inglesi e francesi sono accerchiati dal nemico nazista, intrappolati in una striscia di terra circondata solo da acqua e aria, un limbo in cui 400mila vite non sanno se torneranno mai a casa.

La guerra di Nolan ha il ticchettio di una bomba a orologeria pronta a esplodere. Il tempo è il protagonista di Dunkirk: ogni minuto potrebbe essere l’ultimo e per le truppe inglesi il ritorno a casa diventa un sogno, un’utopia irraggiungibile. Infatti il compositore delle musiche del film, Hans Zimmer,  scandisce i secondi con una colonna sonora al cardiopalma, e cronometra la durata di ogni azione con i suoi bassi ormai inconfondibili. Il pianoforte e gli archi irrompono in tutta la loro potenza solo nella seconda parte, mentre prima regnano i silenzi e le urla dei disperati. Ancora una volta Nolan racconta una storia al limite, di uomini giunti al capolinea che vorrebbero tornare indietro.

“Ho sciupato il tempo e ora è lui a sciupare me”, scriveva Shakespeare. Qui questi soldati affrontano l’ignoto per salvarsi, le linee temporali si arrotolano per poi distendersi, questo sembra il mantra di quei soldati intrappolati sulla spiaggia, con i tedeschi alle spalle e il mare davanti.

Dunkirk è un film di guerra claustrofobico, dove ognuno è rinchiuso nei propri incubi: i 400mila da salvare sono ‘prigionieri’ sulla battigia. In Dunkirk ognuno è solo in mezzo agli altri e soltanto chi capisce che nessuno di noi è un’isola si salva davvero perché in una situazione che porta i soldati al limite della sopravvivenza Nolan accentua in modo eccelso che l’unico modo di provare a sopravvivere, anche solo per un’ora o una notte o qualche giorno in più è quello di collaborare con tutto il resto dei compagni didi sventura. L’aviatore è costretto nell’abitacolo del suo Spitfire e il padre di famiglia attraversa La Manica con una piccola barca a motore attaccandosi alla speranza di rivedere la sua famiglia, aggrappandosi al ricordo di loro.

Non c’è spazio per respirare, per pensare a un destino diverso dalla morte. Le bombe piovono a cascata sulle teste dei soldati, le navi affondano portandosi con loro la speranza di sopravvivere, lo schermo diventa nero, poi la luce e infine la macchina da presa si rituffa nell’ombra come il destino di quegli uomini che vedevano già destinato alla morte. Il pubblico vive un’esperienza sensoriale che travalica i viaggi interplanetari di Interstellar e i giochi di magia di The Prestige.

Qui va in scena il cinema nella sua forma più  pura, quella che rimane impressa nello sguardo e fa battere forte il cuore: sia perché il film e gli effetti speciali son curati con molta maestria sia perché, tra quegli effetti, si vedono sovrumani sforzi compiuti dai soldati che, per portare pace nella vita delle loro famiglie, provano con tutte le loro forze a fronteggiare un nemico che, fin da subito appare titanico al loro confronto