Prof Zapparoli

Si presenti. 
Mi chiamo Virginia Maria Zapparoli, sono una docente di matematica e ho quasi sessant’anni. Sono un po’ sognatrice, insicura (anche se non andrebbe scritto) e timida, per cui ho dovuto sfondare parecchie porte del mio carattere per riuscire ad entrare in classe perché quando si entra in classe si affronta il branco. O ti imponi o loro ti divorano. Tendenzialmente sono piuttosto riservata, tranquilla, ho una vita molto semplice. Mi piace leggere libri di svariati generi, la citazione che più mi è rimasta impressa è Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. Viaggio tanto perché sono curiosa. In questo periodo ho dovuto smettere per problemi familiari, però questo non mi fa soffrire perché appunto sono molto tranquilla. Io vivo bene alla giornata, vivo bene le cose che mi succedono, le affronto così come vengono.  

Il suo percorso di studi? Se ne è mai pentita?
Liceo scientifico e laurea in matematica alla Statale di Milano. Devo dire che quando ho finito il liceo la materia in cui andavo meglio è matematica chiaramente. Ero indecisa tra informatica e matematica, però informatica apriva quell’anno. Sono andata a parlare con i docenti che aprivano la facoltà e mi avevano detto che garantivano due anni, dopo di che se la facoltà fosse partita sarebbe andata avanti, altrimenti chi avrebbe voluto continuare con informatica avrebbe dovuto spostarsi in un’altra città. I miei genitori non potevano mantenermi fuori sede, quindi siccome l’indecisione era tra queste due facoltà e comunque matematica offriva come percorso di specializzazione matematica applicata, che era quella più vicino a informatica, alla fine ho scelto matematica. È stato molto pesante, me lo ricordo bene però no, non me ne sono pentita. Anche perché io volevo fare l’insegnante quindi era quello che volevo fare.

Quali erano le sue aspettative quando ha cominciato ad insegnare? 
Quando mi sono laureata era febbraio e già dal primo ottobre io ero in servizio al Cannizzaro. Il prossimo passo dopo la laurea era superare il concorso per poter diventare ciò che volevo essere: un’insegnante. Volevo essere davvero capace di trasferire quello che so agli altri, ma non è così facile. Volevo dunque riuscire nel mio lavoro. Se non avessi avuto la possibilità di insegnare avrei cercato qualcos’altro e anche quello lo avrei fatto con la massima serietà, su questo non avevo dubbi. Mi hanno cresciuta così, o forse sono troppo normata io. Sono molto attenta alle regole e mi rendo conto che sia un difetto, perché a volte quando è troppo è troppo.  

Ora si sente realizzata a livello lavorativo?
Ora non lo so, credo di non aver raggiunto ancora il livello a cui aspiro. Faccio fatica la mattina quando devo uscire di casa e mi dico “oddio, devo andare a lavorare”, però quando entro in classe sono contenta. Anni fa un collega mi ha chiesto come facessi a non stufarmi di ripetere le stesse cose ogni anno e la mia risposta è stata che gli alunni sono sempre diversi e non sanno le cose che sto per dire.  

Cosa non le piace del suo lavoro? Cosa, invece, le piace? 
Non mi piace quando non riesco a portare avanti una lezione come vorrei perché magari c’è qualcuno che disturba. Quando mi devo comportare come un carabiniere invece di comportarmi come una docente, cioè come qualcuno che cerca di passare della conoscenza agli altri. Quando i ragazzi mancano di rispetto tra di loro, a me o anche al personale non docente. Quando qualcuno prova a parlarmi male dei suoi colleghi o di un alunno assente. Queste sono tutte cose che non mi piacciono.
Mi piace vedere che crescete, cambiate, capite come muovervi all’interno della scuola. In quinta spesso avete le idee chiare sul vostro futuro e prendete coscienza della vostra vita. 

È mai successo qualcosa di strano in classe? 
Un alunno stava passando una forbice ad un altro compagno di classe, lanciandola, e mi ha sfiorato la faccia. Lo studente era più spaventato di me, comunque per questo ora vi dico sempre di non lanciarvi le cose, nemmeno un pacchetto di fazzoletti. 

Cosa si aspetta dai suoi alunni? 
Mi aspetto che diventino delle persone serie e responsabili, capaci di vivere bene nel mondo, capaci di dare il buon esempio e non quello cattivo. Poi che sappiano o no la matematica è irrilevante fuori da scuola. Spero di dare a loro il buon esempio ma da questo punto di vista: essere responsabili e corretti con gli altri. Spero che diventino delle brave persone. Non so se la mia sia una scelta conscia o inconscia, però spero che il mio messaggio passi. 

Noi alunni di quinta dovremo scegliere, a breve, il nostro percorso una volta finito questo anno scolastico. Un consiglio?
Dovete fare quello che vi piace fare. Perché se non c’è passione si diventa noiosi. Bisogna anche dare un occhio al lavoro che volete fare in futuro. Certo, è inutile dire ad una persona a cui piace Lettere di non sceglierla perché “Ma poi cosa fai?”. Saprà che le possibilità di lavoro sono più ristrette rispetto al campo dell’informatica. L’importante è essere coscienti.  

Ci sono mai stati degli alunni per lei particolarmente simpatici? 
Ho avuto alunni che mi hanno fatto disperare, però l’adulta sono io all’interno della classe. Quindi in generale, dopo tanti anni, ti capita sia l’alunno serio, rigoroso e responsabile sia quello più scapestrato. Però per me sono tutti uguali. Certo, fa più piacere lo studente che studia di quello che non lo fa per motivi suoi, fatto di cui pagherà le conseguenze. Se non a scuola, nella vita. 
Quindi dal mio punto di vista non ho preferenze o almeno cerco di non averle, forse perché le ho subite alle elementari quando ero molto piccola. È proprio lontano dal mio modo di pensare.  

Cosa prova quando mette un brutto voto? 
Mi dispiace. Sia per l’alunno, perché ci rimane male. All’università sono stata bocciata anche io ad alcuni esami e non è bello, lo so. Sia per la famiglia che sicuramente c’è dietro, perché anche le famiglie ci soffrono. Sia per me perché non sono riuscita a far capire a quell’alunno perché dovrebbe studiare, se studiasse sarebbe solo un suo vantaggio. Mi immedesimo, divento empatica, dato che a scuola non ero una secchiona e ho preso le mie insufficienze anche io, studiavo solo quello che mi piaceva mentre il resto giusto per non essere rimandata a settembre. Questo però non mi fa essere più generosa nelle valutazioni

Un saluto. 
Mi auguro che diventiate grandi, responsabili e che vi vada tutto bene. Cercate di migliorarvi sempre perché si può sempre farlo, si può sempre imparare, come anche io ogni anno imparo da voi.