Elezioni: chi ha (non) vinto e chi ha perso

Domenica 4 marzo,giorno delle elezioni, è finito il mondo della politica italiana che abbiamo conosciuto negli ultimi venticinque anni. Le divisioni tra destra e sinistra quasi non esistono più nelle urne. Il centrosinistra precipita in un abisso inimmaginabile fino a qualche mese fa. Berlusconi, il capo storico indiscusso del centrodestra, viene sconfitto nella competizione interna da Matteo Salvini, il leader che ha cambiato pelle alla Lega, trasformandola da partito secessionista a partito sovranista capace di raccogliere oltre il 30% al Nord e il 15% al Centro. I Cinque Stelle, affidati dal comico fondatore Beppe Grillo a Luigi Di Maio, invece ottengono un grande successo proprio quando decidono di uscire dal recinto della semplice protesta.

Il centrodestra si rivela essere popolare al Nord ma comunque la Lega riesce a far breccia in aree del Sud del Paese grazie ai sentiti temi della rivolta fiscale, dell’immigrazione e della sicurezza (si veda il caso di Macerata con il partito di Salvini passato da 153 a 4.808 voti). Il centrodestra raggiunge il 37% a livello nazionale, risultato che deriva dalla somma del 18% preso dalla Lega, da un inaspettato 14% preso da Forza Italia e il 5% di Fratelli d’Italia.

I Cinque Stelle sfondano nel Mezzogiorno cavalcando la rivolta contro le vecchie classi dirigenti e offrendo il reddito di cittadinanza come soluzione alla disoccupazione di massa, soprattutto giovanile. Il partito pentastellato raggiunge quasi il 33% a livello nazionale, una media fra il 45-50% preso al Sud e il 20-25% raccolto nel Centro-Nord. Il partito incrementa il suo consenso di circa 2 milioni di voti rispetto al 2013, dato che rappresenta un grande successo.

Da questa tornata elettorale esce profondamente sconfitto Matteo Renzi che col suo PD raggiunge il 19%, minimo storico, travolto dall’onda del voto di protesta confluito nella Lega e nei 5Stelle, i cittadini hanno contestato le scelte del centrosinistra in questi anni in fatto di immigrazione, di sicurezza e di politiche economiche. Il flop è riassumibile citando due dati:  al Sud il Pd non ha eletto nemmeno un deputato e nelle regioni “rosse” (Toscana,Emilia,Umbria) il PD ha perso in media il 10-15%. La coalizione di centro-sinistra si ferma al 23%, dato lontanissimo da quello dei rivali.

Naturalmente siamo solo all’inizio di una fase politica in cui alcuni elementi sono però chiari: nessun partito e nessuna coalizione ha i voti per governare in solitudine, nessuno ha infatti raggiunto il 40%.

La partita passa nelle mani del presidente della Repubblica che ha il compito di assicurare stabilità all’Italia con un esecutivo sostenuto da numeri sufficienti. È un cammino stretto e difficile ma l’unico percorribile. Quantomeno per assicurare quei provvedimenti e quelle riforme che permettano di giocare la prossima gara in una maniera meno frantumata ed efficace, nella speranza che l’eterna transizione italiana finalmente si chiuda.