Ebrei in fuga

Non c’è futuro se non c’è memoria di ciò che è accaduto.
Primo Levi disse: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare. Le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”
Per aiutarci a comprendere il fenomeno di cui parleremo ha accolto il nostro invito a scuola lo storico Giovanni Cerutti, che ha tenuto una conferenza il 22 Gennaio per celebrare la Giornata della Memoria insieme agli studenti delle classi quarte e quinte, mentre il resto dell’istituto ha assistito alla visione del documentario Ebrei in fuga.

L’io narrante della poesia Grass di Carl Sandburg, scritta nel 1918, è l’erba.
Si rivolge all’uomo e denuncia quelle che sono state le battaglie più massacranti di sempre. Waterloo, Gettysburg, Ypres, Austerlitz, Verdun: tutti i cadaveri che ne sono derivati giacevano sull’erba, ammucchiati uno sopra l’altro, prima di sparire sepolti nel terreno. Questo è lo stesso destino dei nostri ricordi, perché la memoria non è naturale. È volontà. Ci si ricorda ciò che si vuole ricordare, il resto sparisce.
Nel Giorno della Memoria ricordiamo qualcosa che è diventato il fondamento dell’identità della società odierna, perché essa ha scelto di istituire questa giornata per scorgere tutta la fragilità dell’uomo: se non sappiamo cosa vogliamo diventare, ricordiamo cosa non vogliamo essere.

Chirac, nel 1995 ha affermato: “oggi, da presidente della Repubblica francese, riconosco che quel giorno di luglio 1945 furono i poliziotti francesi a deportare gli ebrei francesi”.
Questa dichiarazione fa capire che il problema non era tra ebrei e tedeschi. Il problema era l’antisemitismo sviluppatosi in Europa, che ha distrutto l’ebraismo europeo. Qui il nazismo ha vinto perché ha distrutto un’intera comunità, l’ha sterminata.

Sterminio: è qualcosa che fuoriesce dalle categorie dell’umano e tuttavia è un concetto concepito dall’uomo. Ma quali processi e meccanismi hanno reso possibile tale concezione?
Su 50.000.000 di europei gli Ebrei erano 40.000; dunque perché un gruppo così grande attribuisce una pericolosità così alta ad un gruppo così piccolo? La risposta è legata alla percezione della realtà che una società vive in un determinato momento. La comunità ebraica veniva collegata ad un supposto “stato ebraico”, nonostante che essa, in sè, non si sentisse unita, perché si sentiva parte delle diverse nazioni in cui vivevano.

“I tedeschi non possono permettersi di dimenticare cosa hanno fatto durante la Seconda Guerra Mondiale”: ecco cosa dice la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Come il singolo cittadino affronta quello che è stato uno sterminio (qui manca qualcosa…) stabilirà come saranno le società future. Tra chi deciderà di ricordare per non essere più e tra chi rischiando dirà “basta, ormai è passato, dimentichiamoci del passato”, qualcuno prevarrà e la società avrà assunto la propria forma.

L’Ungheria è stata il primo paese ad emanare una legge antisemita. Essa impediva agli ebrei di poter iscriversi all’università. Perché al culmine dell’antisemitismo i fatti erano questi: eri ebreo o tedesco; eri ebreo o italiano, eri ebreo o polacco. Non potevi essere entrambe le cose. Dunque l’idea dei tedeschi era di espellere gli ebrei dal tessuto della Germania, così è nato il concetto di sterminio. Ed ha avuto un costo. In termini di munizioni, tempo… ma non di persone perché nessuno si rifiutava di eseguire le fucilazioni, nessuno si rifiutava di massacrare interi gruppi di ebrei. Panettieri, ciabattini, la gente comune poi tornava a casa per riprendere la loro giornata e dicevano “me lo hanno ordinato.” Sono pochi quelli che avevano il coraggio di uscire dal gregge e quei pochi erano traditori della patria. La comunità ebraica si è ritrovata contro anche il conformismo, unto di nazionalismo. Il nazionalismo fatto male che ha generato l’antisemitismo. Quello che è successo alla fine della guerra è stata una sorta di rimozione, perché tutti avevano i loro problemi a cui pensare, i loro debiti da risarcire.

Il Giorno della Memoria è stato istituito vent’anni fa così che i nostri problemi non ci impediscano di ricordare. Fortunatamente, viene percepito da tutta la società come uno snodo fondamentale per crescere e capire fino in fondo cosa l’animo umano è riuscito a concepire.
Tutti dobbiamo riflettere sulle nostre responsabilità e dovremmo farlo tutti i giorni. Perché non sono stati solo i Tedeschi a commettere quello che di fatto è uno dei genocidi più grandi della storia.
È un dovere riflettere sul nostro passato ed è un dovere ricordare. Non solo per essere bravi cittadini nella comunità nazionale e internazionale, ma per essere anche bravi uomini e donne. Siate empatici con i vostri amici, familiari, conoscenti e non il più possibile, perché piangere per una persona quando è morta è facile, quando è viva… un po’ meno. Siate capaci di comprendere  e di agire rispettando voi stessi e gli altri.

Spesso ho sentito dire “Rispetto solo chi mi rispetta”. Io credo, invece, che il rispetto sia dovuto a tutti, indipendentemente dal loro comportamento.
Trattare le altre persone come vorreste essere trattati voi è fondamentale, perchè vivere bene con gli altri aiuta ad evitare questo genere di fenomeni, come un episodio isolato di bullismo: se evitato grazie al rispetto non si ripeterà, non diventerà frequente e non diventerà “moda”.