Cos’è il blue whale?

Il suo nome è Blue Whale, letteralmente balenottera azzurra.

Il gioco invita i partecipanti ad affrontare una serie prove ai limiti della natura e della consuetudine umana.

Ad esempio, guardare film dell’orrore per un giorno intero, incidersi in autolesionismo sul corpo una balena azzurra (da qui Blue Whale), svegliarsi alle 4.20 del mattino, il tutto per 50 giorni.

L’ultimo giorno il gioco prevede una provocazione mortale: trovare l’edificio più alto della città in cui si abita e saltare giù. Così gli ideatori di questo gioco invitano i partecipanti a togliersi la vita. I ragazzi che si sono lasciati trasportare in questo vortice di orrore, prima di farla finita, lo hanno tutti dichiarato sui social con frasi enigmatiche:

“Questo mondo non è per noi” oppure “Siamo figli di una generazione morta”.

Questa sfida ha trovato sviluppo in Russia dove si dice abbia causato più di 130 suicidi.

Prendendo il discorso alla larga la Russia è uno degli stati col più alto tasso di suicidi in età adolescenziale, si presume che si sia diffuso tramite i social network.

Il vero rompicapo, a mio parere, è trovare il perché così tante persone abbiano partecipato a questa prova. È ormai noto che sta aumentando il numero di suicidi nella fascia giovane della popolazione mondiale, a mio parere anche e soprattutto a causa di questi tempi social che di sociale non hanno nulla, perché ognuno di noi si sente sempre meno partecipe di un qualcosa di più grande di noi, necessitiamo di far parte di un gruppo, di qualsiasi natura essa sia.

La “forza” del blue whale sta proprio qui, coloro che vi hanno aderito hanno trovato nel blue whale il gruppo di cui far parte, con una vita principalmente marcata dal senso di vuoto ed incompletezza, solitudine e senso d’abbandono, d’altronde una volta che si è perso ogni punto di riferimento si perde anche la retta via andando sempre più su terreni scoscesi che ci portano in sentieri che, una volta superati, ci fanno chiedere, guardandoci le spalle, il perché di quella decisione tanto stupida e difficile.

Così il blue whale impone delle regole che, agli occhi di chi è perso, risultano essere l’unica e la giusta strada da seguire. È sbagliato andare contro chi si trova in una condizione di chiusura personale rispetto alla società facendo notare l’assurdità delle loro azioni perché non sarebbero in grado di accettare il giudizio negativo.

Dovremmo aiutare tutti i ragazzi nella collettività , partendo dal singolo, aiutando queste persone dando loro o facendogli capire i più giusti punti di riferimento.

Il blue whale non è altro che autolesionismo nascosto da una prova, un gioco, che dà delle indicazioni aggiuntive sul rigore di vita da mantenere facendoti notare, solo alla fine, che è un regime che ti porta a nulla di meno che alla morte.

Considerando l’autolesionismo una pratica derivata da un malessere ed un senso di non appartenenza o non idoneità alla società attuale corrisponde ad un momento di verità rispetto a se stessi, un momento in cui si riesce a sentirsi vivi, in un momento di infelicità come quello che porta al sentirsi sbagliati si vivono attimi nei quali siamo nella massima conoscenza e consapevolezza di essere vivi e consci della propria condizione di vita.

Per questo condanno la pratica del blue whale in quanto è un autolesionismo che ti porta su un percorso con una meta completamente diversa da quest’ultimo