Feel the Vapor 音楽ミーム

La sintetizzata rivincita post moderna degli anni ’90, la chillwave per marxisti, l’estetica fatta web formattata low file, il fiore della nostalgia che nasce dalla carcassa della new wave indipendente. I nomi per definire la vaporwave sono numerosi, ma che cos’è di preciso?

La vaporwave è una corrente musicale ed estetica nata circa nel 2010 all’interno di alcune comunità di internet. Oggi la vaporwave conta su un seguito numerosissimo accompagnato da innumerevoli produzioni indipendenti di singoli, album e una serie sconfinata di produzioni grafiche che si sono autodeterminate in una e vera e propria corrente artistica.

Parlando da un punto di vista prettamente musicale, è un sottogenere della musica elettronica indipendente che si rifà a un largo utilizzo di temi e campionamenti easy-listening, lounge, smooth jazz, sintetizzazioni anni ’80; il tutto effettato, accelerato o rallentato con un grande utilizzo di riverberi, sintetizzatori, loop e sampling.

Si tratta quindi di aggiornare, o meglio, trasformare, un brano, con qualsiasi strumento che un programma di mixaggio mette a disposizione, per ottenere qualcosa di completamente diverso dall’originale. In questo la vaporwave si avvicina moltissimo alla chillwave, o dreambeat, ossia la musica da camera rimodellata per dare un gusto onirico, ‘vintage’.

La caratteristica vera e propria della vaporwave è il recupero e la rimodernizzazione della cultura pop occidentale, per la precisione quella che passa dalla seconda metà degli anni ’80 fino alla fine degli anni ’90. Quindi la sua musica, il suo design, la sua spettacolarizzazione mediatica, è completamente stravolta e riproposta con dei toni psichedelici, surrealisti, a volte anche nosense.

Si tratta quindi di un genere musicale nel quale gli autori possono attingere a repertorio vastissimo di materiale, che possono modificare quanto e come preferiscono. Per questo esistono numerosi sottogeneri di vaporwave come il future funk, la dream wave, classic vapor, synthwave e ancora molti altri.

La vaporwave inoltre ha un grande vantaggio rispetto agli altri generi di musica elettronica, il quale l’ha resa popolare in un brevissimo tempo. Questo vantaggio è una corrente artistica, definita come aesthetics. Questo particolare stile è una fusione di vari elementi: pixel-art, palme, sculture classiche, geometrie, rendering a bassa risoluzione, glitchart, effetti visivi ripresi da VHS, ambienti surreali, arte giapponese, scenari post-moderni, colori pastello, cartoni animati, videogames, schermate di vecchie versioni di windows, ambienti saturi e tutto stilizzato dall’uso del blocco unicode Halfwidth and fullwidth forms.

È necessario precisare che l’aesthetics non nasce con la vaporwave, tuttavia in brevissimo tempo queste due correnti si trovano in perfetta sintonia per esaltare uno le caratteristiche dell’altro.
Il nome trova origine nel movimento filosofico dell’estetismo dove si ha una particolare attenzione per ciò che è bello. Per questa ragione per molti il nome risulta pretenzioso, “un modo hipster per dire bello”. Forse lo è, ma sicuramente la parola bello non esprime appieno il concetto dell’estetica. Questa corrente artistica sta prendendo sempre più piede, il fandom si espande, e soprattutto, rispetto alle altre, si distingue in modo preciso e netto; quindi, potrà mai diventare una corrente vera e propria,e in un futuro consultabile nei libri di storia dell’arte, affiancata dalla controparte “borghese” arte contemporanea? Non credo. Finché si continuerà a pensare a internet come a un luogo astruso e malato, dove solamente ci si intrattiene con media di “seconda categoria”, dubito che i critici d’arte scenderanno mai dal loro piedistallo per accettare che anche se in digitale, anche se postata da un utente dal nome anonimo nel più recondito dei subreddit, una produzione può essere comunque un’opera che si è unita a una corrente, la quale possiede una sua personalità e stile, che è riuscita a portare qualcosa di nuovo e fresco. E alla fine è proprio questa la definizione di movimento artistico.

Qui si conclude il questo prolisso discorso su un argomento abbastanza conosciuto da chi naviga con frequenza, ma ignoto a chi si limita all’utilizzo dei social. Se dei termini specifici vi hanno messo in confusione state tranquilli, non tutto su internet deve essere capito.